Oggi ti voglio raccontare uno spaccato della mia quotidianità di questo maledetto settembre, come lo sto chiamando io un po ‘ per esorcizzare.
Lo faccio con sincerità e realtà. Che chissà magari in queste parole ti ci ritrovi anche tu.
Sicuramente è stato meglio dello scorso e sicuramente sarà peggio del prossimo, perché, se c’è una cosa che ho capito è che, anche i momenti complessi possono insegnare qualcosa e portarci a migliorare le cose.
Che fatica settembre da quando sono mamma e lavoro.
Se dovessi dare 3 aggettivi per ciò che è stato settembre per me, sarebbero questi:
faticoso, stressante, lunghissimo.
L’unica cosa di diverso dall’anno scorso è che ero molto più preparata a livello mentale e di consapevolezza , ma non abbastanza e ti spiego perchè.
Partiamo con il dire che l’asilo dove va Chloe, per fortuna per l’ultimo anno, anche questo settembre ha fatto 3 settimane part time.
Tra aiuti di mia sorella e le nipoti ci siamo arrangiati, ma la bastonata finale è stata Chloe malata per praticamente una settimana e proprio nell’ultima settimana part time dell’asilo.
Come si fanno i genitori che lavorano, se non si hanno aiuti?
Pare che questa sia una domanda retorica:
“Si arrangiano. Hanno voluto la bicicletta? Ora devono pedalare.”
Per questo motivo ti segnalo
una iniziativa di mammadimerda per rimodulare il calendario scolastico.
Clicca qui per leggere e firmare.
Se pensi a ciò che le famiglie devono essere in grado di fare per 3 mesi estivi, direi che forse è arrivato il momento di adeguare ai tempi attuali le scuole in modo tale che siano un vero sostegno alle famiglie.
Questo è uno dei motivi per cui nelle famiglie, in larga percentuale, c’è uno dei due genitori che sceglie di non lavorare o di farlo part time. Innescando così altre dinamiche non migliorative nella quotidianità.
Ne stiamo parlando durante la serie di dirette sul tema “Indipendenza economica“.
Decidere di non lavorare o di farlo part time dovrebbe essere una scelta e non un obbligo dato da una società che si lamenta della natalità e pretende che si possa vivere con uno stipendio o uno stipendio e mezzo mantenendo dei figli.
Voglio esserci per mia figlia, ma voglio anche portare avanti i miei progetti lavorativi.

Quello che io ho capito da questo settembre che finirà a breve è che:
- non voglio arrivare alla fine talmente stanca da scrivere un messaggio come quello che ho scritto veramente l’altro giorno: sono esaurita, non ce la faccio più;
- voglio riuscire a lavorare senza sentirmi una mamma di merda perchè chiedo a mia figlia di lasciarmi concentrare
- voglio organizzarmi ogni anno in modo tale che settembre sia un mese in salita, ma con lentezza per permettermi di rientrare e far rientrare mia figlia nella quotidianità.
Come posso arrivare a questo?
Prima di tutto lavorando ancora sulla fatica di chiedere aiuto, migliorando i tempi suddivisi tra me ed Ema (questo settembre li abbiamo decisamente gestiti meglio, ma si può sempre migliorare).
Secondo lavorando sul senso di colpa che si sente quando sei con tua figlia, ma non le puoi dare retta. Io e Chloe abbiamo trovato una bella sintonia, ma a volte per stanchezza o per altri motivi si cede pensando che si possa fare entrambe le cose bene: no non si può!
Terzo con la certezza che settembre è un mese estremamente complesso per i genitori che lavorano (lavorare su aspettativa e realtà) e che sarà ottobre quello in cui partirò al cento per cento con il lavoro, ma per potermelo permettere devo lavorare in maniera differente.
Ti racconto un episodio dove mi sono sentita una mamma orribile.
Era venerdì pomeriggio di una settimana dove Chloe era andata all’asilo solo mezza giornata.
Mi ero barcamenata tra impegni lavorativi e lei con l’aiuto di mia sorella e di un’amica e con la presenza del padre.
Ma lo stress di iniziare l’ennesima giornata con lei da rincorrere per farle soffiare il naso, prendere lo sciroppo, e intanto pensare al mio lavoro e i miei vari impegni quel giorno non l’ho retto.

Così alla millesima richiesta di Chloe ho sbottato. Ho urlato impazzita dicendo: “Non ce la faccio più Chloe viviamo in 50 mq se sono in un’altra stanza è come se fossi nella tua, ora non posso venire. Basta.”
E sono scoppiata a piangere inconsolabile.
Lei pure.
Poi mi sono avvicinata e piangendo le ho chiesto scusa ma quella scena mi ha rotto qualcosa dentro.
Io ero arrivata allo stremo e mia figlia ne ha subito le conseguenze.
NO, questo non voglio che accada più.
Siamo umani, certo, e può capitare di sbottare.
Ma quel giorno era molto di più di questo: era un enorme segnale di allarme. Ero arrivata nel bordo di un burrone e se fossi caduta mi sarei portata Chloe con me.
Ho scritto subito a Ema e a mia sorella. E ho ricevuto l’aiuto necessario.
Ma quello che ho imparato da questo è che non voglio più arrivare a vedermi così e farmi vedere così da Chloe.
Devo intervenire prima e crearmi una quotidianità differente dove ognuno faccia la sua parte senza che nessuno di noi un giorno arrivi allo stremo delle forze e cada.
Siamo responsabili dei nostri figli, certo, ma anche della nostra serenità.
Meglio capire prima come gestire certi momenti che arrivare a dover poi mettere delle pezze per andare avanti.
Cosa ne pensi di settembre?