Articolo a cura dell’avvocata Sara Dealessandri
Il titolo di questo mio contributo vuole essere un riassunto della complessa tematica di cui ti parlerò, ovvero ti parlerò dei diritti e delle tutele delle donne maltrattate durante le cause di separazione e affido dei figli, momento cruciale di cui si tiene poco conto quando si parla di violenza verso le donne.
In realtà, anche da esperienza personale come avvocata esperta in violenza di genere, è evidente che la separazione successiva nei casi di violenza è un momento in cui le donne maltrattate spesso non vengono credute ma vittimizzate: <<Vabbè, se non c’è stata una denuncia, tu non lo dire, verresti tacciata di non essere stata una buona madre>>. Anche questa è una violenza.
Le donne sopravvissute ai maltrattamenti e alle violenze sono donne che spesso non vengono credute, “si presentano male”, spesso sembrano aggressive oppure depresse, non si ricordano la sequenza esatta e precisa degli atti di violenza e agli occhi dei giudici sono prove di incapacità o di bugie. Si assiste ad un processo nei confronti della donna maltrattata, “colpevole” di essersi fatta maltrattare. Se sei stata vittima è perché non sei stata in grado di difenderti e soprattutto non sei una brava madre capace di tutelare i tuoi figli.
D. “Perché non riesco ad avviare la separazione dal mio coniuge violento?”.
R. “Sono proprio le dinamiche della violenza subita ad indurre la donna ad una sorta di immobilismo, alimentato dalle promesse del partner di cambiare, dal timore di generare un’escalation di violenza, da insostenibili sensi di colpa dovuti alla convinzione di “essersi meritate” quelle punizioni e dalla sensazione di non disporre delle risorse per affrontare il cambiamento necessario. Nessun tuo comportamento o provocazione messa in atto giustifica la violenza da te subita”.
Cosa significa essere "avvocata delle donne"?
Essere “avvocata delle donne” significa scegliere di stare dalla loro parte, sapendo che sono battaglie faticose, soprattutto se ci sono ancora poche conoscenze sulla tematica nei colleghi, magistrati e consulenti tecnici e quindi ti scontri con questo anche tu come professionista. La violenza è una forma di comunicazione subdola, sottile, si nasconde tra le pieghe dei cambiamenti del concetto di “coppia”, di famiglia, di relazione e d’amicizia. Quando non sai riconoscerne le dinamiche e i meccanismi, la normalizzi, viene reputata una normale modalità relazionale e chiamata “conflitto”.
Parlare di diritti delle donne significa parlare anche di questo, quindi, parlare di come le donne non sono credute nel momento in cui hanno il coraggio di mostrare e ammettere di essere state maltrattate. Quando escono dal ruolo di vittima e tentano un cambiamento, non vengono credute, vengono violentate nuovamente. Parlare dei diritti delle donne significa parlare anche delle competenze necessarie delle istituzioni per tutelare le donne nei vari momenti della vita e tutelare i minori.
D. “Se decido di esporre denuncia a lui cosa succede?”.
R. “Il denunciato sarà invitato a nominare un avvocato e inizieranno le indagini per accertare i fatti denunciati. I tempi della magistratura sono abbastanza brevi. Denunciare una violenza subita è un atto che richiede tantissimo coraggio per affrontare un dramma così grande: rivolgiti, magari accompagnata e supportata da un Centro Anti-Violenza (CAV), presso le Forze dell’ordine. Non sei sola”.
Il concetto di bigenitorialità
Un altro ostacolo è il concetto della bigenitorialità, perché si pensa che l’uomo che agito violenza possa essere comunque un buon padre e la violenza assistita sembra perdere importanza. Spesso, a fronte di un percorso giudiziario di denuncia delle donne, viene chiesto alle donne di “andare d’accordo” con il maltrattante in nome dell’amore per i figli. Se non lo accetti potresti non essere considerata una buona madre, o comunque non quella adeguata all’educazione dei figli.
D. “Esiste la possibilità che il maltrattante possa cambiare?”.
R. “Il comportamento violento e di controllo degli uomini raramente si ferma da solo; per fare questo la maggior parte degli uomini ha bisogno supporto e assistenza adeguati. È importante però non basare la decisione di lasciare o restare con un partner violento sul fatto che lui partecipi o meno ad un programma di ascolto/recupero. Infatti, partecipare ad un gruppo per uomini maltrattanti NON è una garanzia di cambiamento. Alcuni uomini smettono di essere violenti e controllanti con le loro partner. Altri potrebbero interrompere l’uso della violenza fisica, ma continuare ad usare altre forme di abuso o di controllo, ovvero potrebbero cambiare per un po’ di tempo, ma, poi, ripiombare nell’uso della violenza”.
Ho visto CTU – consulenti tecnici d’ufficio – “prescrivere” alle madri maltrattate percorsi di psicoterapia o “sulla genitorialità” al fine di riabilitare questa donna vittima di violenza all’esercizio di essere ancora madre. Importante è mostrare che la violenza, quando non è stata solo interpretata da loro in modo malevolo, è una cosa che appartiene al passato, che non incide sulla loro vita e soprattutto nei rapporti con il padre. Questo per non essere considerate madri conflittuali o che non rendono possibile e/o agevolano il diritto del padre all’accessibilità al figlio. Qualora queste donne continuino a non fidarsi del padre vengono definite rivendicative, conflittuali e quindi inadatte a svolgere il loro ruolo di madre. Così le donne sono “costrette” a tacere…
D. “A seguito di una denuncia mi verranno tolti i figli?”.
R. “Assolutamente no. È importante ricordare che la violenza produce effetti e conseguenze gravissime non solo sulla donna ma anche sui figli, sia che siano essi stessi maltrattati, sia che semplicemente assistano agli episodi di violenza (violenza assistita). Questi bambini e queste bambine denotano problemi di salute e di comportamento, tra cui disturbi del peso, di alimentazione o del sonno. Possono avere difficoltà a scuola e non riuscire a sviluppare relazioni intime e positive. Il vedere o il subire delle violenze da bambini può anche provocare un’interiorizzazione della violenza come modo di risolvere i conflitti”.
La separazione nei casi di violenza
Quando la donna fugge dal controllo dell’uomo violento, la donna attiva il giudizio di separazione. Poco rilevano, in questa sede, il fatto che ci siano denunce o un procedimento penale perché il distacco concreto reale ed effettivo si ha solo con la separazione dal compagno violento. Il percorso della separazione appare tuttavia nettamente diverso a seconda che si tratti di una separazione con o senza figli.
La separazione dall’uomo violento senza che da esso si abbiano avuto figli, è una separazione che consente alla donna di staccarsi materialmente e giuridicamente da quell’uomo. La donna, in questi casi, può decidere di mettere anche migliaia di chilometri di distanza, può decidere di non avere nessun tipo di contatto con quell’uomo, mettersi in sicurezza e procedere per la propria strada recidendo ogni legame.
Per converso, le separazioni tra coppie in cui sono nati dei figli, non permettono questa censura, nemmeno dal punto di vista giuridico, perché un uomo violento e una donna che subisce violenza, comunque, sono genitori e la legge riconosce il diritto/dovere dei genitori di fare, appunto, i genitori. Per questo, si dovrebbe tener presente sempre che la tutela delle donne che subiscono violenza passa attraverso la tutela dei figli e la loro messa in sicurezza. Queste donne sono donne preoccupate per i figli, sono donne protettive, come è normale e istintivo che sia e come il diritto richiede come aspetto di un esercizio adeguato della responsabilità genitoriale.
D. “La denuncia della violenza quali conseguenze legali potrebbe avere sui miei figli minori?”.
R. “La denuncia ha un peso fondamentale nell’ambito di una causa civile per la separazione dei coniugi. Si deve considerare, infatti, che oggi il regime ordinario è quello dell’affidamento condiviso dei figli minori, il che significa, in parole molto semplici, che alla madre ed al padre sono riconosciuti pari diritti e pari doveri ed il tempo trascorso dai figli con i genitori è il medesimo. I genitori sono coinvolti nella vita dei figli nello stesso modo. Una denuncia di violenza, invece, consente alla donna di poter richiedere l’affidamento esclusivo o super esclusivo dei figli, evitando che gli stessi debbano trascorrere con il padre lo stesso tempo che trascorrono con la madre, evitando così i pernottamenti presso il padre, le vacanze con il padre ecc.”.
Quando una donna decide di introdurre una causa di separazione come conseguenza naturale per porre fine ad un rapporto violento, il rapporto violento viene riconosciuto, soprattutto in certi tribunali, solo se correlativamente vi è una condanna per maltrattamenti o stalking non rilevando, peraltro, episodi sporadici di violenza manifestatasi anche con lesioni personali gravi. Quando si affrontano separazioni, divorzi o disgregazioni del nucleo familiare, raramente i giudici civili parlano di violenza e raramente la tengono in considerazione ai fini delle decisioni da assumere, quasi a negare la possibilità che nel diritto civile si possa e debba parlare di violenza. Del resto, non si dice “tra moglie e marito non metterci il dito”? All’atto pratico si risolve in un’autorizzazione dell’uomo violento/abusante a comportarsi come meglio ritiene ben sapendo che qualunque cosa faccia la sua genitorialità e la sua pretesa ad avere i figli presso di sé rimane integra.
D. “In caso di separazione, quali diritti potrebbero essere riconosciuti a me e/o ai miei figli minori (sostentamento economico)?”.
R.“Al coniuge economicamente più debole viene riconosciuta l’assegnazione della casa familiare, dove pertanto potrà continuare a vivere unitamente ai figli ed un sostegno economico. Naturalmente l’ammontare dello stesso dipende dal guadagno del coniuge economicamente più forte, dalle spese fisse (mutui, finanziamenti, canoni di locazione ecc.) e da altre varianti. Si consideri, comunque, che entrambi i genitori sono tenuti a contribuire al mantenimento dei figli, ciascuno in base alle proprie risorse ed alle proprie disponibilità”.
Non è ammissibile penalizzare una donna che introduce un ricorso per separazione personale – magari perché stanca delle violenze subite – accusandola di essere conflittuale.
D. “Posso chiedere la separazione con addebito?”.
R. “L’addebito della separazione (c.d. separazione per colpa) consiste nell’imputare la fine del matrimonio ad uno dei coniugi. Il coniuge al quale viene addebitata la separazione perde il diritto a ricevere l’assegno di mantenimento e tutti i diritti successori. Si, si può ottenere l’addebito della separazione anche in capo al coniuge violento e anche solo a seguito di un solo episodio di violenza; anzi, le violenze (sia fisiche, sia psicologiche) sono sufficienti, di per sé sole, a fondare la dichiarazione di addebito della separazione personale al maltrattante”.
La sindrome di alienazione genitoriale non esiste (PAS)
Tante volte il ricorso alla PAS è servito per screditare le donne vittime di violenza in famiglia e per far passare come infondate le loro richieste di limitazione delle visite dei figli con l’altro genitore o, ancora, come ritorsione nei confronti della controparte nei casi di alta conflittualità (se il figlio rifiuta l’altro genitore, è colpa della madre e da questa va allontanato).
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9691 pubblicata in data 24 marzo 2022, ha espressamente affermato che in materia di affidamento dei minori le pronunce dei giudici non possono basarsi su teorie prive di fondamento scientifico, come è appunto la sindrome di alienazione genitoriale. Conseguentemente affermazioni “evanescenti” che si trovano ancora oggi in relazioni peritali quali “madre invischiante” o “madre fusionale” non possono essere utilizzate dal giudice nei provvedimenti relativi alla responsabilità genitoriale.
La madre o il padre che ostacola le visite dei figli con l’altro genitore pone astrattamente in essere una condotta pregiudizievole per i minori, che per il loro sano ed equilibrato sviluppo psicofisico hanno il diritto di mantenere rapporti con entrambe le figure genitoriali. Tuttavia, qualsiasi decisione in merito deve basarsi sull’attenta valutazione del singolo caso concreto, tanto che nel superiore interesse del minore può essere limitato anche il diritto alla bigenitorialità. Quando un minore rifiuta di incontrare uno dei due genitori, preferendo stare con l’altro, non si può automaticamente ricondurre detto rifiuto alla condotta del padre o della madre convivente: le ragioni possono essere tante e talvolta sono legate a inconsci meccanismi di protezione del figlio nei confronti del genitore percepito come più fragile.
D. “A seguito della separazione, come posso gestire, in qualità di madre, il rapporto del figlio minore con il genitore maltrattante?”.
R. “La gestione del rapporto tra il genitore maltrattante ed il figlio è molto variabile. In caso di denuncia, è molto probabile che il giudice, sentiti i servizi sociali, decida di affidare i figli alla madre, limitando le visite del padre o regolandole (magari stabilendo la presenza dei servizi). In assenza di denuncia, invece, è pressoché improbabile che un giudice affidi i figli esclusivamente alla madre, stabilendo l’affidamento condiviso, per cui i minori potranno trascorrere con il padre lo stesso tempo che trascorrono con la madre, potendo quindi anche pernottare, da soli, con il padre. La denuncia è fondamentale per portare alla luce il problema della violenza. Sostenere solo in sede di separazione tra i coniugi che il padre è violento potrebbe sembrare del tutto strumentale”.
La violenza sugli uomini esiste. Ho “scelto” di iniziare a parlarti, tuttavia, della violenza contro le donne per ragioni numeriche: il numero delle vittime femminili di violenza è ancora nettamente superiore a quello delle vittime maschili di violenza. Ti prometto che parlerò anche di “loro”, uomini e padri, con la giusta attenzione che occorre attribuire.
Avvocata Sara Dealessandri
Avvocata che si prende cura delle relazioni familiari in crisi. Il diritto di famiglia e il diritto minorile sono il suo pane quotidiano.
Crede nella gestione creativa dei conflitti e nella libroterapia umanistica. Durante i suoi percorsi consiglia anche letture, per genitori e figli, perchè i libri e gli albi illustrati possono accompagnare verso un dialogo strategico nella coppia fondato sulla collaborazione e sull’accordo.