Articolo a cura dell’Avv. Giorgio Carrara.
Non è possibile stabilire una guida che spieghi come affrontare la separazione. Ogni persona reagirà a questa decisione in maniera soggettiva e troverà delle strategie per ricominciare.
A volte la separazione arriva dopo un processo al termine del quale i coniugi comprendono che sia opportuno porre fine al loro rapporto e al loro progetto di vita insieme, altre volte viene vissuta come una sconfitta, una rinuncia ai propri diritti, accompagnata alla voglia di rivalsa e di “farla pagare” al coniuge.
Spesso ci si ritrova a dover fare i conti con rabbia e rancore o con un senso di impotenza se non si è d’accordo con la decisione del partner di separarsi. Il mio consiglio è di evitare di far entrare i litigi, le incomprensioni, le discussioni e il rancore nelle aule dei Tribunali e cercare, invece, di condividere un accordo di separazione, nell’interesse dei coniugi e soprattutto nell’interesse dei figli.
Veniamo ora ad evidenziare le differenze tra la separazione consensuale e la separazione giudiziale.
La separazione consensuale:
La separazione è consensuale quando i coniugi concordano sulla decisione di separarsi e sono d’accordo su ogni questione da regolamentare: aspetti patrimoniali, eventuale mantenimento del coniuge, affidamento dei figli, diritto di visita del padre, mantenimento dei figli e assegnazione della casa familiare.
La separazione consensuale prevede quindi un accordo dei coniugi su tutti gli aspetti della loro separazione; saranno loro a decidere come regolamentare i rapporti (anche economici) tra loro e come occuparsi dei figli, evitando tal modo che sia un Tribunale a decidere per loro.
La separazione giudiziale:
La separazione giudiziale può essere richiesta da uno dei due coniugi quando non vi è accordo sulla decisione di separarsi o sulle questioni relative alla separazione. In tale ipotesi, sarà il giudice a disciplinare e regolamentare ogni aspetto inerente la gestione dei rapporti patrimoniali e personali tra coniugi (anche con riferimento ai figli) e, in presenza di determinati presupposti, a pronunciare l’addebito.
Talvolta si ricorre alla separazione giudiziale per ottenere una pronuncia di addebito della separazione, ossia quando si vuole far riconoscere da un Tribunale che la causa della separazione è soltanto dell’altro coniuge.
Ma quando la colpa può essere attribuita ad uno solo dei due coniugi?
Si ritiene che l’abbandono del tetto coniugale o un tradimento possano rappresentare comportamenti valutabili per l’addebito della separazione, così come l’aver violato altri doveri coniugali come il non dare assistenza morale e materiale all’altro coniuge o il non collaborare nell’interesse della famiglia, oppure i maltrattamenti, e persino il rifiuto dei rapporti sessuali e le eccesive ingerenze della suocera, o, ancora, aver scoperto che il marito frequenta siti di incontri, o aver trovato messaggi compromettenti sul cellulare dell’altro coniuge.
Ma quali sono, a questo punto, le conseguenze legali dell’addebito della separazione?
● il coniuge a cui è attribuita la colpa perde il diritto a ricevere l’assegno di mantenimento, anche se ha uno stipendio notevolmente più basso dell’altro coniuge o è disoccupato (non perde però il diritto agli alimenti se versa in stato di bisogno). Quindi, il coniuge “colpevole” avrà diritto a percepire solo quella somma minima a garantire la “mera sopravvivenza” e ciò solo se si troverà in stato di bisogno;
● il coniuge su cui ricade l’addebito perde i diritti successori, quindi non sarà più considerato erede legittimo dell’altro coniuge;
● il separato con addebito ha diritto ad ottenere la pensione di reversibilità solamente nel caso in cui sia titolare di un assegno alimentare (a carico del coniuge deceduto);
● il coniuge a cui non è addebitata la separazione può chiedere il risarcimento dei danni subiti per la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio.
È bene sottolineare che l’addebito della separazione non comporterà alcuna conseguenza nei confronti dei figli, e quindi in merito al loro mantenimento e affidamento. Infatti, un coniuge infedele può essere un ottimo genitore e quindi il giudice, anche in questo caso, dovrà rispettare il principio di bigenitorialità, atteso che il figlio avrà diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori.
I vantaggi di una separazione consensuale:
Credo fortemente nell’opportunità e nella convenienza di addivenire ad una separazione consensuale al punto di aver scritto un libro sull’argomento intitolato “Separo ma non rompo”. La separazione consensuale ha indubbi vantaggi rispetto a quella giudiziale e sono i seguenti:
● è una procedura più rapida e snella: non vi è un giudizio che si prolunga negli anni, ma c’è una sola udienza in cui i coniugi devono comparire in Tribunale, che omologherà il loro accordo di separazione;
● le spese legali sono contenute (di regola si deve pagare un solo avvocato se assiste entrambe le parti);
● è garantito il mantenimento dei rapporti tra i coniugi in un’ottica collaborativa, specie se tra i soggetti coinvolti vi sono minori;
● è possibile raggiungere più facilmente un equilibrio nella gestione dei rapporti familiari, soprattutto nell’interesse dei figli, che non dovranno vivere per anni la conflittualità dei genitori.
Per tutti questi motivi definisco la separazione consensuale una “sana” separazione.
Avvocato Giorgio Carrara
Avvocato civilista esperto in diritto di famiglia e autore del libro “Separo ma non rompo” (come gestire e affrontare la separazione e il divorzio attraverso il metodo separo ma non rompo che tutela i figli e accompagna passo passo le coppie verso una nuova famiglia.